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Smart city e sicurezza urbana: come si fa rete nei Comuni italiani

Come viene gestita la sicurezza in città e quali iniziative sono state intraprese per migliorarla? Quali sono i rischi più temuti? Qual è il livello delle tecnologie utilizzate e di propensione all’investimento verso sistemi avanzati per la gestione integrata e il coordinamento delle emergenze tra Comuni, forze dell’ordine e tutti gli altri attori coinvolti?

Sono alcune delle domande chiave a cui ha cercato di rispondere l’indagine realizzata dalla divisione Safety & Infrastructure di Hexagon su un campione di 91 comuni italiani con popolazione superiore ai 20.000 abitanti. Tra i funzionari pubblici interpellati, vi sono sindaci, assessori con delega alla sicurezza, comandanti di polizia locale di città tra cui Venezia, Bergamo, Napoli, Genova, Firenze, Parma, Bari.

Informazioni in comune

Un lavoro di analisi, spiega in una nota il country manager di Hexagon Italia Angelo Gazzoni, con cui si è voluto indagare il grado di collaborazione esistente tra i diversi soggetti istituzionali nell’attività di gestione della sicurezza in aree urbane di grande, media e piccola dimensione. «Abbiamo voluto fornire un quadro più chiaro sui processi attraverso i quali vengono messe in comune le informazioni, in modo continuativo su situazioni ordinarie e in modo tempestivo su eventi straordinari; se sono assegnate in modo chiaro compiti e responsabilità».

Più della metà delle amministrazioni interpellate, spiega Gazzoni, «ha indicato la maggiore interazione con le autorità sovraordinate di sicurezza come una tra le soluzioni prioritarie per migliorare le performance nella gestione della sicurezza urbana; quasi la metà ha segnalato l’utilità di attivare centrali operative integrate e unificate.

In due terzi dei comuni si condivide sistematicamente le informazioni con gli altri soggetti. «Ma solo in un terzo dei casi si è arrivati all’integrazione tecnologica dei sistemi di monitoraggio e solo in uno su dieci alla creazione di una centrale operativa unificata».

I rischi e le iniziative per la sicurezza

Dall’indagine di Hexagon risulta una larga maggioranza di amministrazioni locali per le quali è urgente intervenire nel migliorare i sistemi di allerta e protezione del proprio territorio dagli effetti eccezionali di calamità naturali e di guasti o cedimenti di infrastrutture.

L’86% delle amministrazioni interpellate dichiara di aver attivato nuove iniziative o investito nuove risorse nel settore della sicurezza. L’impatto dell’insieme di iniziative attivate dalle amministrazioni ha prodotto, secondo quasi sei intervistati su dieci, un miglioramento delle condizioni di sicurezza nelle loro città. Tuttavia, solo tre amministrazioni su dieci ritengono che questo effettivo miglioramento sia stato percepito dai cittadini.

Nell’80% dei comuni è presente una specifica delega alla sicurezza. In sette casi su otto è associata alla delega alla polizia locale e, tra questi, nella metà dei casi (35%) è esercitata direttamente dal sindaco. La delega specifica alla protezione civile è segnalata come presente nel 90% dei casi. Solo in un terzo dei comuni è associata alla polizia locale ed è in capo al sindaco nel 24% dei casi.

Se da un lato il sistema di videosorveglianza è lo strumento riconosciuto come il più efficace per la prevenzione e la gestione delle criticità, rappresentando la forma prioritaria di intervento nel 73,6% dei comuni presi in considerazione, dall’altro il 52,7% dei sindaci ritiene che per migliorare la performance nella gestione della sicurezza urbana e delle emergenze oggi sia necessaria l’integrazione istituzionale e strumentale con le altre autorità della sicurezza, ovvero Prefetture, Forze dell’Ordine e Polizia di Stato.

Tra le soluzioni capaci di favorire un tale modello di organizzazione, che è alla base di una Safe City, c’è chi privilegia l’integrazione delle centrali operative (nel 50,5% dei comuni interpellati) e i dispositivi per l’analisi dei dati finalizzata all’elaborazione di scenari probabilistici di rischio (nel 35,2% dei comuni).  Si tratta di una distribuzione delle preferenze espresse che vede un netto vantaggio delle soluzioni tecnologicamente più avanzate rispetto, ad esempio, a misure più ordinarie, come l’estensione dei poteri dei sindaci (meno di tre comuni su dieci indica, infatti, come prioritaria una ulteriore estensione dei poteri di ordinanza del sindaco).

«Un modello di Safe City efficace – commenta Gazzoni – è quello che si basa sull’integrazione di più tecnologie, risorse e processi operativi finalizzati alla cooperazione tra soggetti, all’aumento della resilienza della città e alla sua capacità di reagire rapidamente a situazioni di emergenza di routine o complesse L’obiettivo è migliorare la qualità e l’efficienza della gestione delle emergenze nella loro totalità, consentendo di non disperdere gli sforzi e incrementando il coordinamento tra gli operatori delle forze di sicurezza pubblica e di tutti gli attori che incidono sul funzionamento della città stessa, vale a dire chi gestisce trasporti, multi-utility, telecomunicazioni, ma anche pubblica amministrazione, ospedali, scuole e grandi aziende. Si tratta, in sostanza, di una nuova modalità attraverso la quale garantire sicurezza pubblica, basata su sistemi tecnologici complessi in grado di incrociare ed elaborare dati, con il fine di aumentare la capacità situazionale di chi deve prendere rapidamente decisioni nel corso di un’emergenza».

Nel caso, per esempio, di un grosso incidente ad un’infrastruttura critica, gli attori coinvolti sono sia le forze di pubblica utilità, come polizia locale e nazionale e vigili del fuoco, sia l’azienda che gestisce la rete o l’infrastruttura stessa: tutti soggetti, tra pubblici e privati, che normalmente non comunicano tra di loro e che si trovano a dover necessariamente dialogare per operare in modo coordinato seppure autonomo. Un modello di comunicazione integrato in una situazione del genere prevede sale di controllo dotate di tecnologie che permettono interoperabilità, interscambio di informazioni e capacità di dispacciamento congiunto delle varie forze, coordinando tutti gli attori coinvolti per ridurre i tempi di risposta e ripristinare la normalità. Dalla sala di controllo si può gestire il flusso di informazioni proveniente dal luogo in cui è avvenuto l’incidente, scambiare dati geolocalizzati in maniera automatizzata, e anche suddividere sul territorio tutte le risorse utili a gestire l’emergenza.

L’ampio riscontro che il tema della sicurezza ha ottenuto presso le amministrazioni interpellate in termini di governance non si riflette adeguatamente nell’avanzamento tecnologico e digitale dei dispositivi di cui le amministrazioni locali dispongono e nell’efficienza del loro utilizzo.

Le reti di videosorveglianza gestite a livello municipale, il sistema più diffuso per il monitoraggio del territorio, solo residualmente (2,2% dei comuni) presentano misure di integrazione con sistemi gestiti da operatori non istituzionali, come ad esempio gli enti gestori delle reti del servizio pubblico o di monitoraggio dei veicoli di trasporto pubblico.

L’abitudine sistematica di effettuare incontri di condivisione di informazioni e interventi con altre istituzioni è presente in due terzi delle amministrazioni (65,9%), ma solo in un caso su dieci (l’11%) si è arrivati a implementare una centrale operativa integrata e unificata.

Nel 43% dei comuni interpellati è stato definito un protocollo di intervento per il coinvolgimento dei diversi soggetti interessati (uffici comunali, forze dell’ordine, gestori di servizi pubblici locali) in casi di circostanze critiche; in un altro 34% delle amministrazioni, pur non essendo stato definito un protocollo, esiste una prassi di riferimento ancorché non formalizzata. Il restante 23% dei comuni ha dichiarato di procedere “caso per caso”.

Il 48% dei comuni coinvolti nell’indagine è inoltre dotato di sistemi informativi per l’analisi del territorio, ma solo in meno di un quinto dei casi (22%) sono stati implementati meccanismi per la condivisione delle informazioni tra gli assessorati interessati. Se i tre quinti (61,5%) dei comuni ha attivato strumenti di avviso ai cittadini di circostanze critiche, solo in un quarto dei casi si tratta di app (26%).

Solo una parte minoritaria delle amministrazioni sembra aver compiuto i passi decisivi verso un futuro di smart security, definendo un sistema di governance articolato e multi-attoriale, formalizzando le procedure di collaborazione interistituzionali, estendendo gli strumenti di monitoraggio e adottando soluzioni inclusive di interazione continuativa con i cittadini.

Tra queste vi sono i comuni di Faenza, Livorno, Macerata, Pordenone, Aosta, Cremona, Lodi, Pavia e Bari i quali, ad eccezione di Bari, condividono la collocazione nel Nord Italia e una dimensione medio piccola, con una popolazione che varia tra i 34mila e i 72mila abitanti per 7 su 9 di essi.

Il salto di qualità che i risultati dell’indagine mostrano possibile riguarda il passaggio dalla fase dell’emergenza empatica a quello di una strategia razionale di governo sul tema della sicurezza. L’obiettivo è migliorare sia i risultati oggettivi sia la percezione soggettiva degli stessi da parte dei cittadini. L’esistenza di esperienze più avanzate su questo fronte costituisce un appoggio fondamentale per favorire approcci basati sulle effettive esigenze e su praticabili percorsi di implementazione.

 

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