In un futuro che è già dietro l’angolo le strutture degli edifici a torre, anche superiori a 25 piani, potranno essere realizzate completamente in legno. Non con un legno qualsiasi, ma con una sua versione potenziata e migliorata e pluripremiata, nota come augmented wood. Intervista a Timothée Boitouzet.
Il legno di nuova generazione ha i “super poteri”: è un materiale che esiste già sul mercato e ha il grande vantaggio di essere molto più performante, perché estremamente solido, ma anche ignifugo e inalterabile, diversamente da quello esistente in natura.
Lo si ottiene con una tecnologia specifica (messa a punto dopo cinque anni di ricerca nel settore delle nano tecnologie applicate alla cellulosa) che ne modifica la struttura interna, rimuovendo oltre all’aria una sostanza chiamata lignina, un componente che funge da legante tra le pareti cellulari del legno, che attira gli insetti ed è responsabile del suo deterioramento e scarsa robustezza.
Al suo posto viene iniettato all’interno delle fibre un polimero vegetale che rende il legno traslucido come l’ambra, resistente al fuoco, non degradabile – perché non si ossida a contatto con l’aria e l’umidità – ed estremamente solido, ideale quindi per l’industria delle costruzioni.
Come si ottiene l’augmented wood?
Il legno naturale viene messo a bagno in una soluzione contenente sostanze chimiche non aggressive e, dopo averlo lasciato asciugare, gli viene iniettata la resina polimerica.
Viene utilizzata per lo più resina riciclata, ma anche biologica, più difficile però da reperire sul mercato, perché al momento non se ne produce in gran quantità. Infine, il materiale ottenuto viene pressato per ottenere i fogli di legno potenziato.
Questo materiale rappresenta sicuramente un’importante alternativa ecologica nell’ energivora industria delle costruzioni: per produrlo infatti viene consumata tre volte meno energia rispetto al cemento, 17 volte meno del vetro e, 120 dell’acciaio e 475 dell’alluminio.
Inoltre, mentre la produzione di calcestruzzo genera tonnellate di CO2 – questo materiale infatti è responsabile dell’8 per cento delle emissioni globali di anidride carbonica – il legno ha il grande vantaggio di assorbire questa sostanza tossica: se mille tonnellate di cemento ne producono 600 di carbonio, mille tonnellate di legno ne assorbono 900, attraverso la fotosintesi.
Dall’augmented al dense wood
A detenere il brevetto di questo materiale eco-responsabile e, allo stesso tempo, organico e ipertecnologico – che ha ricevuto ben 35 riconoscimenti internazionali – è la start-up parigina Woodoo, fondata dal giovane – poco più che trentenne – Timothée Boitouzet, figura eclettica con alle spalle un curriculum eterogeneo, ma con una sua ben precisa coerenza.
Terminati gli studi di architettura, il neo laureato vola a Tokyo per fare esperienza nei prestigiosi studi Sanaa e Kengo Kuma, dove sviluppa un crescente interesse verso la materialità e l’utilizzo delle risorse che la natura messe a disposizione dalla natura.
Da lì, prende il via un radicale cambio di percorso e Boitouzet decide di trasferirsi al Mit – Massachussets Institute of Technology – di Boston per dedicarsi allo studio della chimica e biologia molecolare. Il suo iter universitario e due successivi anni di ricerca, sempre negli Stati, sfociano nell’invenzione dell’augmented wood e nella creazione della start-up nel 2017.
Un percorso variegato e complesso ma, in realtà, molto lineare e con un preciso obiettivo: innovare l’architettura, rendendola sempre più sostenibile, partendo innanzitutto dalla individuazione e messa a punto di materiali con caratteristiche innovative e, allo stesso tempo, con alti livelli di compatibilità ambientale.
Intervista a Thimotée Boitouzet
Il quartier generale della Woodoo a Parigi si trova al 52° piano della Tour Montparnasse. È uno spazio con ampie vetrate, vista sensazionale e grandi stanze con scrivanie disposte a ferro di cavallo, dove decine di giovani professionisti lavorano in squadra senza darsi mai le spalle.
Si respira un clima dinamico, cordiale e pieno di energia. Thimotée Boitouzet è molto disponibile, sorride spesso e, mentre parla, trasmette grande entusiasmo per quello che fa e soprattutto per quello che conta di fare da qui a breve, continuando a seguire il suo sogno di progettare nuovi materiali performanti, armonizzando tecnologia e natura.
«Woodoo – ci spiega – lavora sulla improbabile fusione fra il legno e le nano tecnologie, in pratica vuole creare un ponte fra la biologia molecolare e la chimica sintetica. Sono affascinato dai materiali naturali che possono essere potenziati e utilizzati per scopi innovativi. Osservando il legno attraverso le lenti di un microscopio, ho scoperto due caratteristiche impostanti: innanzitutto, che questo è un materiale, essenzialmente costituito da aria, dal 60 al 90 per cento, e ha una struttura cellulare perfettamente ordinata ma vuota, pronta quindi a essere resa più funzionale. Inoltre, ho realizzato che la lignina estratta è una preziosa sostanza perché può essere recuperata e trasformata in energia verde. Così si riducono i costi ma anche le emissioni di carbonio dell’industria delle costruzioni».
L’augmented wood rappresenta una radicale svolta per settore del building: nel giro di qualche anno, con questo materiale si potranno costruire innovativi edifici nelle smart city, sbarazzandosi del vecchio cemento che oggi detiene il primo posto nel mondo per emissioni di gas a effetto serra. L’industria delle costruzioni ogni anno produce 30 tonnellate di CO2.
Nel 2030 la popolazione mondiale raggiungerà i 9 miliardi e, di conseguenza, crescerà esponenzialmente la domanda di nuovi edifici per abitazioni e servizi vari. Entro il 2050 il 70 per cento delle persine vivrà nelle città. Se è vero che ,attualmente, il legno è la risorsa maggiormente disponibile del pianeta ed è al cento per cento rinnovabile, non ci sono alternative: l’unica strada percorribile si fonda sull’incontro tra natura e innovazione.
«La tecnologia Woodoo – continua Boitouzet – è stata messa a punto dopo cinque anni di ricerca nel settore delle nano tecnologie applicate alla cellulosa. La produzione si concentra soprattutto sul legname inutilizzato o di specie di bassa qualità che hanno una crescita più rapida, come i pioppi, i pini marittimi, i faggi e le betulle. Sono qualità di legno di debole costituzione e poco pregiate, molto abbondanti in Europa. Va considerato anche che In Francia il 50% del legno recuperato dalle foreste non viene utilizzato, è quindi in eccesso. In futuro, si pianteranno più alberi per costruire nuove città innescando così un circolo virtuoso».
L’ultima frontiera del legno potenziato si chiama dense wood, lo si potrebbe definire una sorta di legno lamellare aumentato. Tenendo conto che le fibre del legno si espandono in verticale, se si uniscono i diversi fogli di legno, uno sopra l’altro ma alternando senso verticale e orizzontale, si ottiene un materiale estremamente concentrato e resistente, perfetto per la costruzione di strutture adatte alla realizzazione di edifici coni altezze considerevoli. Un passo in avanti importante, se si pensa che oggi con il legno non modificato – quello naturale, per intenderci – si possono costruire palazzi che non superino però i 24 piani.
«Per il dense wood – sottolinea il fondatore di Woodoo – siamo però in attesa della certificazione CTSB, del Centre Scientifique e Technique du Batimant, indispensabile per poter dare in via alla fase di messa sul mercato. Inoltre, abbiamo bisogno del tempo necessario per organizzare un centro di produzione su larga scala all’altezza del progetto. Il nostro obiettivo è che questo materiale super resistenze possa cominciare a essere utilizzato per realizzare facciate, pavimenti e tetti entro il 2025 e nei successivi 2 anni anche per la costruzione degli elementi portanti».
Superfici intelligenti e città metaboliche
Quello di Woodoo e un progetto di certo avveniristico, ma anche estremamente lucido: il perseguimento di un’idea molto chiara del futuro che è ormai alle porte, infatti, non ha lasciato nulla al caso ed è stato articolato in tre fasi successive molto precise.
Tutto ha avuto inizio, dando vita a una serie di collaborazioni con designer, mobilieri e aziende automobilistiche. Questa è stata la strada più agevole per entrare nell’industria delle costruzioni e proporre l’augmented wood. Più precisamente, l’azienda ha partecipato alla produzione di pannelli a parete per interni, touch-screen in legno potenziato – naturalmente traslucido – per diffondere informazioni in luoghi pubblici come stazioni, aeroporti, centri commerciali. Sono stati anche realizzati cruscotti touch per il marchio Mercedes e lampade per aziende di interior design.
La scelta è, naturalmente, ricaduta su settori caratterizzati da minori regolazioni, dove è stato più semplice muovere i primi passi, far conoscere le caratteristiche di questo materiale e raccogliere risorse finanziarie da rinvestire nei successivi progetti. Si tratta di una linea di prodotti variegati, tutti rigorosamente realizzati con legno potenziato traslucido, che sono sul mercato dall’inizio del 2021.
Il secondo step riguarderà, invece, la produzione di elementi per la costruzione di pavimenti, tetti e facciate (il progetto è attualmente in corso con una grande azienda che però preferisce mantenere l’anonimato), e il terzo, infine, sarò esclusivamente dedicato alla realizzazione delle strutture, un passo quest’ultimo particolarmente impegnativo che richiederà grandi processi di manifattura.
Un traguardo che richiede molta determinazione e forte passione per essere raggiunto. Una sfida che non si può evitare di raccogliere visto che – come sottolinea Boitouzet – sono già molte nel mondo le società di costruzioni in attesa dell’approvazione e messa in commercio del dense wood.
«Si, perché – aggiunge con un grande sorriso – se il 1800 è stato il secolo del ferro e il 1900 quello del cemento, il 2000 sarà l’età del legno. E poi, si vedrà: il futuro dell’industria delle costruzioni sarà modellato intorno a un grande cambiamento, combinando mondo biologico e digitale al fine di ottimizzare la gestione delle risorse, in linea con la spinta della nuova consapevolezza ecologica. La cultura occidentale ha creato un’opposizione fra natura e ambienti creati dall’uomo, contrapponendo la città alla foresta. Oggi questi muri concettuali stanno cadendo grazie alle biotecnologie. Un domani architetti-scienziati riusciranno a progettare edifici che non saranno più blocchi inerti ma organismi viventi. Nasceranno così le città metaboliche, costruite con materiali programmati per adattarsi al loro ambiente. All’orizzonte vedo centri urbani vivi e innovativi, realizzati in modo tale da poter accogliere, anziché ignorare, le leggi della natura».
Questo significa essere visionari.
Mto molto interessante. Mi terrò aggiornato sull’argomento.
Gm