Assobim spiega l’impatto della progressiva migrazione di soluzioni tecnologiche e dati nel Cloud sul mondo della progettazione e del BIM.
Una delle parole d’ordine più in voga in ambito digital è senza dubbio Cloud. E d è evidente che la remotizzazione di software, piattaforme e basi di dati, trasferiti dai tradizionali server e macchine locali a questa dimensione, sta avendo un impatto rilevante in tutti i contesti professionali, fra cui anche quello della progettazione. Con conseguenze rilevanti sui suoi strumenti, primo fra tutti il BIM, i processi ad esso collegati e le modalità stesse con cui i dati vengono analizzati, gestiti e utilizzati.
Una delle dinamiche più evidenti e in forte accelerazione all’interno di questo processo è la progressiva migrazione di soluzioni tecnologiche e dati nel Cloud, un tema cui l’autorevole rivista AEC Magazine ha dedicato un’analisi i cui esiti lasciano intravedere non solo un’ulteriore accelerazione del fenomeno ma anche alcune importanti conseguenze sugli stessi processi di lavoro.
Il primo dato ad emergere è non solo il trasferimento delle più popolari piattaforme di progettazione, ma il sempre più frequente sviluppo di applicazioni concepite principalmente per un utilizzo cloud–based. Il processo di transizione al 100% verso il cloud, insomma, è senza dubbio in corso, anche se al momento la modalità operativa ancora più diffusa è quella ibrida desktop/cloud e con ogni probabilità il passaggio completo dai tradizionali strumenti BIM desktop a versioni completamente remotizzate richiederà ancora diverso tempo; non a caso, molte software house continuano a sviluppare piattaforme in cui i dati e la loro elaborazione possono essere gestiti sia online che localmente.
Spostando il fuoco dell’analisi dagli strumenti ai flussi di lavoro, è interessante notare come una delle ricadute del passaggio al cloud riguarda le stesse modalità in cui i dati sono strutturati. I flussi di lavoro basati su file hanno caratterizzato gli scorsi decenni, ma sono suscettibili di errori, perdite di dati e duplicazioni. Il passaggio dello storage di informazioni al cloud comporta invece una diversa strutturazione dei processi, volta a far sì che le informazioni siano condivisibili in modo semplice e ottimizzato, offrendo ad esempio la possibilità di condividere solo i dati rilevanti per un determinato compito anziché inviare tutta la base di dati attraverso Internet.
I modelli BIM, in particolare, possono avere dimensioni decisamente importanti, e la necessità di trasferirli ogni volta integralmente può paradossalmente pregiudicare uno degli obiettivi principali del BIM, ovvero la collaborazione. In questa ottica, alcune software house stanno sviluppando nuove strutture di database unificate, in alcuni casi proprietarie e quindi pensate per l’utilizzo all’interno di uno specifico ecosistema software, in altri casi aperte; altri sviluppatori puntano soprattutto all’integrazione della connettività del database finalizzata a migliorare i flussi di lavoro basati su file.
Guardando ai potenziali sviluppi, sembra tuttavia che in futuro lo stesso invio di dati sia destinato a diventare obsoleto mentre saranno le applicazioni ad arrivare nei luoghi in cui sono memorizzati i dati, che saranno accessibili tramite API (interfacce di programmazione delle applicazioni). Già oggi sono in fase di sviluppo applicazioni in cloud che si connettono semplicemente ai repository di dati per eseguire specifiche attività, un modello di flusso dal notevole potenziale che tuttavia può presentare criticità legate ai costi derivanti dall’hosting dei dati così come alle micro-transazioni per le chiamate API e le trasmissioni di dati tra i server cloud.
Altro aspetto legato a queste evoluzioni è quello dell’interoperabilità. Fino a oggi l’unico standard aperto è stato l’IFC, estesamente utilizzato ma non esente da criticità che stanno dando vita allo sviluppo di possibili alternative. In generale tutte le principali software house concordano sul fatto che i dati debbano fluire liberamente tra le applicazioni e che gli approcci proprietari siano controproducenti. A questo si aggiunge il fatto già accennato che, per essere conservati in cloud, i dati devono essere strutturati in modo diverso e consentire una trasmissione leggera e dinamica. In questa direzione è orientato lo sviluppo di framework di dati aperti indipendenti da specifiche piattaforme cloud commerciali.