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Bim e imprese di costruzioni: Borio Mangiarotti

L’impresa milanese Borio Mangiarotti ha cominciato a muovere in primi passi nell’universo del Bim già alcuni anni fa, con audacia pioneristica, utilizzando i software di modeling, senza però poter condividere i dati con gli altri professionisti della filiera delle costruzioni che di questa tecnologia ancora sapevano poco o nulla.

Il primo progetto pilota è stato l’intervento Vivi Montecatini, Vivere Solari a Milano. Una strada tutta in salita all’inizio, poi gradualmente lo scenario è cambiato.

Ce lo racconta Matteo Giani, Bim Specialist & consultant dell’azienda: «Quando sono arrivato in Borio Mangiarotti, tre anni fa, il percorso di implementazione del Bim era già cominciato: si utilizzava il Revit ed erano partiti i programmi di formazione specifici. La società, quindi, stava mostrando un chiaro interesse verso questa modalità operativa. Così, il nostro obiettivo è stato quello di arrivare alla gestione dei modelli in fase di progettazione. Essendo l’impresa anche un general contractor e uno sviluppatore di progetti immobiliari, può imporre il proprio metodo di lavoro e coordinare tutte le fasi dalla progettazione alla costruzione, fino alla vendita. Quindi, abbiamo cominciato cercando di forzare la mano con i progettisti e organizzando una serie di incontri di formazione per convertirli al metodo Bim. La prima realizzazione in Bim cui ho preso parte è stato l’intervento di via Silva, a Milano».

In principio, naturalmente, a prevalere era lo scetticismo, cui si sommavano le variegate difficoltà sul piano operativo. Poi, architetti e ingegneri hanno gradualmente preso confidenza con lo strumento e si sono pian piano adeguati. Ciò non toglie che fossero in molti a vivere la metodologia Bim come un inquadramento, uno schema rigido che limitava la libertà creativa. Per capire un cambiamento così radicale di approccio ci vuole tempo.

«Infatti – prosegue Matteo Giani – bisogna imparare a progettare pensando che le eventuali criticità devono essere sempre risolte a monte, in ambito virtuale, e non a lavori iniziati. Tutto questo però non va a incidere sulla creatività, semplicemente si impara a essere creativi con strumenti diversi. Un’altra critica tipica dei detrattori del Bim è che, trattandosi di un sistema importato dagli Stati Uniti, può funzionare solo per la progettazione e realizzazione di nuove costruzioni. Niente di più falso: uno dei primi progetti di consulenza cui abbiamo preso parte è stato per il restauro del teatro Lirico di Milano».

Attualmente, la società sta concentrando gli sforzi sulla necessità di estendere il modeling digitale ad altre competenze, coinvolgendo quindi le altre figure professionali che compongono la filiera delle costruzioni. Questo perché per un’impresa edile che punta a fare il salto di qualità una delle principali problematiche riguarda il fatto che spesso i fornitori non sono in grado di lavorare in ambito Bim e che la gestione e la condivisione delle informazioni fra le varie categorie di addetti ai lavori può rivelarsi critica.

 

«Viene a mancare in sostanza – ammette Giani – quella forte collaborazione fra professionisti di diversi ambiti che sta alla base dell’efficacia del metodo Bim. Per esempio, i progettisti non consegnano i propri file IFC ad altri professionisti, non mettono in comune i dati e così viene a mancare l’interoperabilità che è proprio la caratteristica più importante di questo formato di file. Chi è in grado di costruire un modello Bim considera ancora questa competenza come un plus e non vuole lasciare ad altri il proprio know how. In sostanza, dovrebbe esserci più partecipazione e sinergia fra le varie figure di professionisti, una lacuna che a volte dipende anche dal fatto che la committenza non riesce a mettere per iscritto regole chiare e a farle rispettare. A ben guardare, negli Usa il Bim lo facevano, in un certo senso, già negli anni ‘70: con procedure a mano , ovviamente, ma gestendo tutte le informazioni in modo collaborativo. In Italia, invece, non siamo abituati a mettere in comunione quello che facciamo: se io sono un progettista di oggetti Bim, la mia libreria Revit preferisco non metterla a disposizione. Fortunatamente, nel giro di qualche anno, buona parte delle informazioni saranno codificate, quindi si potrà attingere tranquillamente a una sorta di database».

Al di là della consapevolezza dei limiti attuali, le aspettative per il futuro rimangono comunque alte.

L’ultimo progetto della società – SeiMilano, in zona Bisceglie nell’area sud-overt della città – è stato interamente realizzato in Bim.

La squadra di Borio Mangiarotti impegnata nell’implementazione del Building Information Modeling guarda a un futuro prossimo dove, anche nel nostro Paese, la diffidenza verso l’edilizia 4.0 sarà solo un vago ricordo.

Un cambio di marcia che solo in parte ricalca quello che ha portato gli architetti dal tecnigrafo al Cad. Con l’entrata del Bim il cambiamento è molto più sostanziale, riguarda una metodologia operativa innovativa che per funzionare a dovere deve fondarsi sulla condivisione e collaborazione fra tutti gli addetti ai lavori.

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