Con la progressiva affermazione del BIM – spiega Assobim – anche altre discipline, autonome ma a questo correlate, stanno via via acquistando spazio nell’ambito delle metodologie di progettazione avanzate: fra queste il Generative Design, tributario a sua volta del Computational Design inteso come disciplina che fonde il tradizionale approccio creativo e funzionale del design con un approccio matematico fondato su algoritmi utilizzati dalla computazione per tradurre il primo in termini di calcolo.
Alla computazione è in particolare affidato il compito di ricondurne la complessità a informazioni elementari e dati, utilizzabili da specifici algoritmi per lo sviluppo di soluzioni al tema progettuale di partenza.
A questo scopo, tramite apposite piattaforme software, il progettista è chiamato a inserire all’interno di queste ultime una serie di parametri, che verranno elaborati dal software stesso in una forma creata sulla base di tali parametri, processo che in ultima analisi riconduce il design computazionale a una forma di modellazione parametrica.
In base a questa ottica possiamo definire il Generative Design come parte del Computational Design, in quanto in entrambi i casi la radice metodologica progettuale trova le sue basi nella collaborazione tra uomo e macchina, con il primo a definire procedure e obiettivi del progetto e la seconda a generare alternative e individuare le soluzioni più idonee.
La fase concettuale di pertinenza del progettista prevede innanzitutto la definizione degli scopi e dei vincoli relativi al progetto, che vengono formalizzati all’interno di un software dedicato tramite l’input di dati geometrici, fisici, prestazionali e computazionali; su questa base il software analizza i dati in base a specifici algoritmi e genera un grande numero di possibili opzioni e le relative prestazioni, che dovranno poi a loro volta essere vagliate nuovamente dal progettista e, se necessario, ulteriormente modificate in base a nuovi parametri e vincoli.
Il Generative Design permette, in altre parole, di ampliare enormemente il potenziale del processo progettuale, consentendo di analizzare tutte le varie possibilità con estrema rapidità e una completezza difficilmente ipotizzabili demandando tale attività esclusivamente al fattore umano.
Tale tecnologia infatti automatizza l’analisi simultanea di tutti i progetti e la visualizzazione di tutte le metriche, consentendo di conseguenza di progettare e costruire in tempi più rapidi e con risultati finali di maggiore qualità e un grado di congruità agli obiettivi di progetto più elevato.
Gli esempi dell’efficacia di questo approccio metodologico sono numerosi e il loro potenziale evidente. SI pensi, ad esempio, alla progettazione di grandi strutture ricettive o sportive, dove all’obiettivo primario di massimizzare la capacità della struttura stessa si contrappone l’esigenza di mantenere un elevato livello di fruibilità ed esperienza. Poiché quest’ultimo parametro può essere quantificato matematicamente, il valore ottenuto può essere rapportato alle dimensioni della struttura stessa e, attraverso l’utilizzo di un sistema generativo, ciò consente di individuare le soluzioni idonee a soddisfare al meglio entrambi i parametri.
Altri esempi possono riguardare la scala dell’ambito urbano, come nel caso della realizzazione di aree di parcheggio che devono da un lato assicurare il maggior numero possibile di posti auto ma al tempo stesso garantire i necessari spazi di manovra, o strutture con un alto traffico interno come quelle mediche, altro caso in cui la ricettività deve essere coniugata con la necessità di ottimizzare i percorsi interni in modo da rendere ogni area rapidamente raggiungibile.
In più il Generative Design presenta notevoli potenzialità anche nelle applicazioni legate al mondo della produzione, in quanto può consentire un’ottimizzazione dei processi finalizzata a ridurre al minimo gli scarti di lavorazione così come il dimensionamento qualitativo e quantitativo di un materiale o componente in funzione del suo ambito di utilizzo.