Assobim spiega perché il patrimonio informativo del Building Information Modeling rende il BIM una potenziale architrave della strategia di riduzione delle emissioni.
È un dato acquisito il fatto che l’ambiente costruito contribuisca per una quota sostanziale alle emissioni globali di CO2. Molto meno, invece, si parla del ruolo rilevante che i settori dell’architettura, dell’ingegneria, delle costruzioni e del facility management possono svolgere nel loro contenimento.
Gli obiettivi, come noto, sono ambiziosi, con all’orizzonte la scadenza del 2050 per il traguardo delle emissioni zero, ma non meno importanti sono le modalità, e in particolare la loro efficacia e costo; a questo proposito, tra i numerosi strumenti a disposizione del settore spiccano intelligenza artificiale, robotica e Building Information Modeling, che però devono essere utilizzati in modo più focalizzato a un’ottica di sostenibilità.
Il BIM ha rivoluzionato i settori AEC/FM fornendo una rappresentazione digitale completa delle caratteristiche fisiche e funzionali di edifici e infrastrutture, ed è proprio una delle sue caratteristiche distintive, il patrimonio informativo, a renderlo una potenziale architrave della strategia di riduzione delle emissioni, su cui a loro volta incidono i dati disponibili relativi al patrimonio costruito.
Basti pensare, ad esempio, alla possibilità di integrare nel modello i dati relativi all’impronta di carbonio dei materiali, dei processi di costruzione o al consumo di energia, cosa che consentirebbe la valutazione e l’ottimizzazione in tempo reale dell’impronta ambientale di un edificio o una struttura nell’arco del suo intero ciclo di vita, dalla progettazione alla demolizione.
A questo scopo sono già stati sviluppati diversi strumenti e metodologie per facilitare l’integrazione di tali informazioni nei modelli BIM, che pur non essendo ancora in grado di dialogare perfettamente rappresentano comunque un utile strumento di valutazione e supporto decisionale nel quadro di una strategia globale di riduzione delle emissioni. Le sfide, tuttavia, rimangono impegnative, e fra queste una delle più importanti è quella di migliorare la qualità, il dettaglio e la completezza dei dati relativi all’impronta ambientale del progetto.
Sebbene infatti gli sforzi si siano finora concentrati soprattutto sulle fasi di produzione e costruzione, la disponibilità e la qualità di dati accurati e dettagliati sull’impronta di carbonio di materiali e processi può variare in misura significativa, e non ultimo l’integrazione dei dati relativi alle fasi di esercizio, manutenzione e dismissione non è stata ancora adeguatamente esplorata. Allo stesso modo, l’interoperabilità dei dati è un’altra questione critica. Il BIM coinvolge infatti numerosi soggetti, ognuno dei quali utilizza piattaforme software e formati di dati diversi, e garantire uno scambio di dati senza soluzione di continuità anche in questo ambito è fondamentale per una gestione efficace delle emissioni.
In questa ottica, lo sviluppo di metodologie standardizzate di raccolta dei dati per migliorarne la completezza e l’interoperabilità dei dati è fondamentale per una gestione efficace delle emissioni.
Tali metodologie dovrebbero coprire l’intero ciclo di vita degli edifici/infrastrutture, includendo fasi tra cui l’estrazione e produzione dei materiali, i processi costruttivi inclusi i trasporti e le lavorazioni di cantiere, l’utilizzo delle fonti di energia e la valutazione dell’impatto dei processi di demolizione, gestione dei rifiuti e riciclaggio.