Assobim sul nuovo Codice dei Contratti Pubblici: stazioni appaltanti e nuovi metodi e strumenti di gestione informativa digitale (seconda parte – qui la prima parte).
Il Nuovo Codice dei Contratti Pubblici definisce gli spazi digitali, stabilendo che le stazioni appaltanti devono adottare un proprio ambiente di condivisione dati, definendone caratteristiche e prestazioni, la proprietà dei dati e le modalità per la loro elaborazione, condivisione e gestione nel corso dell’affidamento e della esecuzione dei contratti pubblici nel rispetto della disciplina del diritto d’autore, della proprietà intellettuale e della riservatezza. Si specifica inoltre che i dati e le informazioni per i quali non sussistono specifiche esigenze di riservatezza o di sicurezza sono resi interoperabili con le banche dati della pubblica amministrazione ai fini del monitoraggio, del controllo e della rendicontazione degli investimenti previsti dal programma triennale dei lavori pubblici e dal programma triennale degli acquisti di beni e servizi.
Proprio in questa previsione troviamo una sostanziale differenza rispetto alla precedente disciplina. Nel definire l’ambiente di condivisione dati la norma di riferimento UNI 11337 consigliava infatti che la proprietà dell’ACDat fosse presumibilmente posta in capo alla stazione appaltante, quindi che non siano le imprese gli operatori economici a mettere a disposizione un ambiente di condivisione dati in quanto sussiste l’esigenza di conservazione di un dato la cui salvaguardia, in caso di utilizzo di soluzioni terze coperte da licenza, potrebbe non essere garantita a tempo indefinito.
Il medesimo allegato I9 definisce infine con precisione gerarchica le regole del gioco di questo complesso ambito, il cui quadro normativo risulta sensibilmente mutato rispetto a quello in cui era maturato il precedente Codice degli Appalti, epoca in cui il testo di riferimento erano ancora le PAS britanniche su cui si sarebbero progressivamente modellate le norme UNI nazionali e quelle europee. La gerarchia normativa definita dall’allegato vede in sequenza norme tecniche europee di recepimento obbligatorio in tutti i Paesi dell’Unione europea, pubblicate in Italia con la codifica UNI EN oppure UNI EN ISO, norme tecniche internazionali di recepimento volontario, pubblicate in Italia con la codifica UNI ISO, norme tecniche nazionali (come ad esempio proprio la UNI 11337) valevoli negli ambiti non coperti dalle UNI EN e UNI ISO, pubblicate in Italia con la codifica UNI.
In carico alle stazioni appaltanti ricade infine l’obbligo di predisporre un capitolato informativo da allegare alla documentazione di gara, coerente con la definizione dei requisiti informativi e con il documento di indirizzo alla progettazione, che contenga almeno i requisiti informativi strategici generali e specifici, compresi i livelli di definizione dei contenuti informativi, tenuto conto della natura dell’opera, della fase di processo e del tipo di appalto; gli elementi utili alla individuazione dei requisiti di produzione, di gestione, di trasmissione e di archiviazione dei contenuti informativi, in stretta connessione con gli obiettivi decisionali e gestionali, oltre eventualmente al modello informativo relativo allo stato attuale; la descrizione delle specifiche relative all’ambiente di condivisione dei dati e alle condizioni di proprietà, di accesso e di validità del medesimo, anche rispetto alla tutela e alla sicurezza dei dati e alla riservatezza, alla disciplina del diritto d’autore e della proprietà intellettuale; infine, le disposizioni relative al mantenimento dei criteri di interoperabilità degli strumenti informativi nel tempo.
Un’ulteriore innovazione rilevante è che per progetto esecutivo e appalto integrato le stazioni appaltanti devono predisporre un capitolato informativo coerente con il livello di progettazione posto a base di gara, e i documenti contrattuali disciplinano gli obblighi dell’appaltatore in materia di gestione informativa digitale delle costruzioni. SI parla quindi chiaramente di un aspetto contrattualistico che in un certo senso va al di là di quelle che sono le dinamiche della progettazione. Un ulteriore aspetto innovativo è che si arriva a disciplinare quali devono essere le attività di gestione del dato durante le fasi di direzione lavori e durante le fasi di costruzione dell’opera; qui l’aspetto rilevante è che la direzione e il controllo tecnico contabile in capo al Direttore dei lavori può essere eseguita ricorrendo all’utilizzo dei modelli BIM, ma per il collaudo finale o la verifica di conformità del modello viene demandata al collaudatore l’attività di provvedere all’approvazione finale del modello generato da un processo di costruzione, quindi al termine dell’attività di direzione dei lavori.
Da questa sintesi è facilmente intuibile come, in questo nuovo panorama disciplinare, le stazioni appaltanti si trovino a dover affrontare un importante salto di qualità in termini di strumenti, metodi e approccio.