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Come il digitale cambierà la distribuzione commerciale dei prodotti per l’edilizia

Anche la distribuzione commerciale di prodotti per l’edilizia presto sarà influenzata dalla trasformazione digitale. Riportiamo qui alcune riflessioni in argomento, indirizzate pubblicamente da Angelo Ciribini agli stakeholder del settore interessati alla digitalizzazione del settore della costruzione, che prendono spunto anche dal recente CES 2020 di Las Vegas.

Il settore della costruzione e dell’immobiliare storicamente presenta una forte focalizzazione sugli aspetti della concretezza, della matericità.

Ciò costituisce il suo fondamento, ma, al contempo, allorché, come è ormai acclarato, al centro del nuovo settore dell’ambiente costruito stanno le relazioni dell’utente con un intorno interconnesso, si rende necessario possedere pure una cultura della realtà immateriale, evidente anche in altri ambiti, come quello dell’autoveicolo con cui esso ha sempre avuto un dialogo, sia pure problematico.

In termini di trasformazione digitale, ad esempio, al CES 2020 pare che non vi sia stata una particolare enfasi riposta sulla guida autonoma, vale a dire sulla rivisitazione dell’abitacolo, dal nostro punto di vista, e sulle relazioni neurali tra utente e veicolo, ma esse dovrebbero, comunque, costituire fattori essenziali in futuro, unitamente a interazioni gestuali e vocali.

Parimenti, l’accordo per l’interoperabilità relativa alla Smart Home tra Amazon, Apple, Google e la Zigbee Alliance prelude a nuovi orizzonti ove non è più tanto il singolo gadget, il singolo dispositivo mobile, bensì l’intero ecosistema digitale, probabilmente incentrato sugli assistenti vocali, a contare.

Al contempo, la crescente sensorizzazione e l’interconnessione dei componenti edilizi e impiantistici promette di accentuare la centralità dell’«esperienza» negli ambienti residenziali, così come negli ambienti lavorativi, nei quali già da tempo Occupancy o User Centrism predominano per il Workspace.

L’assunto più diffuso, che riguarda il settore della costruzione, prevedendo che essa sia arretrata poiché poco digitale, non sembra essere più, perciò, che tanto credibile.

In realtà, occorrerebbe ragionare all’incontrario, domandandosi in che modo la digitalizzazione possa davvero risolvere le principali criticità del comparto, palesemente, in considerazione di quanto ricordato, e di ciò che seguirà, oggetto di una rivisitazione profonda della essenza del prodotto immobiliare e della natura della corrispondente catena di fornitura.

D’altronde, allorché la digitalizzazione ne risolvesse un certo numero, probabilmente originerebbe altrettante nuove problematiche.

Che si tratti della auspicata piattaforma digitale nazionale o di quella comunitaria, in via di gestazione, questa considerazione impedisce oggettivamente di pensare a ipotesi neutrali di adozione dei processi digitali, poiché il combinato disposto di digitalizzazione, sostenibilità e socialità pone al centro la «relazione (tra utente e cespite)» come value proposition.

Si tratta, dunque, di indirizzare verso obiettivi condivisi, ma orientati, gli operatori, anziché proporne una generica conversione alla cultura digitale che, peraltro, sarebbe neutralizzata dalla legittima azione di lobbying che ciascuna rappresentanza persegue.

L’iniziativa, in questa ottica, denominata Digital Construction Chains in the Built Environment, promossa da buildingSmart International e da GS1, operata, in primo luogo da CoBuilder, già, peraltro Adviser dello studio di fattibilità per la iniziativa comunitaria, tende a creare una piattaforma comune di gestione delle catene di fornitura, ricorrendo a un linguaggio condiviso, basato sullo Smart CE Marking e sulle (imminenti) norme sovranazionali legate ai Data Template, oltre che su tutto ciò che riguarda i Data Dictionary, che consenta di efficientare le transazioni commerciali inerenti ai componenti edilizi e impiantistici.

Non si tratta, in realtà, dell’unico tentativo in corso in materia, differendo, peraltro, da altri più prossimi alle logiche delle ontologie, delle semantiche e delle relazioni, proprie, ad esempio, a W3C; esso, comunque, cerca di favorire gli scambi sul mercato digitalizzato attraverso dati il più possibile strutturati.

Si entra, perciò, nel contesto della distribuzione commerciale che, al netto di alcuni rapporti negoziali tra medi e grandi produttori con medie e grandi imprese di costruzione e di installazione, abilitati eventualmente dall’e-commerce e dall’e-procurement, si basa per tradizione su una rete diffusa territorialmente in maniera capillare.

Per i soli magazzini edili di Federcomated, tralasciando il settore idrotermosanitario, rappresentato da Angaisa, o altro, si parla, in effetti, di 4500 aziende, per un giro d’affari di 26 miliardi di euro che offre lavoro a circa 60000 addetti.

Che cosa accadrebbe, tuttavia, quando una adozione generalizzata dei metodi e degli strumenti digitali dovesse raggiungere l’acquirente legato alla micro e alla piccola imprenditorialità?

La digitalizzazione investe, pertanto, sia la possibile disintermediazione nella distribuzione commerciale (con distinzioni tra prodotti edilizi e impiantistici) sia la traslazione da cespite materiale a cespite immateriale, metaforicamente parlando.

In definitiva, nella ipotesi rafforzata dalla prossima pubblicazione delle norme EN 23386 ed EN 23387, si prefigura una rivisitazione del ruolo della distribuzione commerciale, in Italia ancora piuttosto frammentata, riflettendo la struttura della Domanda, molto parcellizzata.

Se, da un lato, è chiaro che, più o meno informalmente, i magazzini edili assolvono a compiti relazionali e consulenziali che oltrepassano la funzione meramente distributiva, come customer experience nell’ottica della omnicanalità, oltreché come consulenti tecnici sempre più specializzati su assortimenti mirati, è altresì vero che la digitalizzazione dell’offerta informativa sui repertori di prodotti potrebbe preludere a una diversa allocazione degli attori nella catena del valore e, dunque, di posizionamento sul mercato della micro e della piccola distribuzione commerciale.

Essa, come rilevava il CRESME, è già attualmente stretta, negli interventi della riqualificazione energetica, tra il DIY e le Utility.

In Francia, ad esempio, i grandi produttori e la grande distribuzione organizzata già hanno allestito piattaforme digitali dedicate alle transazioni tra micro e piccoli committenti e corrispondenti artigiani, così come, altrove lo stesso vale anche per i servizi professionali.

Generalmente, si può dire che l’ambizione dei maggiori operatori della produzione potrebbe consistere nel creare ecosistemi digitali in grado di eterodirigere una Offerta pulviscolare e di sistematizzarla, istituendo rapporti coi clienti finali meno mediati dalla piccola distribuzione commerciale.

Una delle alternative possibili consisterebbe, peraltro, nel rapporto digitale maggiormente diretto tra il produttore, il committente, il progettista e il costruttore/installatore che potrebbe passare per il ricorso a un ambiente simulativo di realtà immersiva ed eventualmente per la fornitura di un digital survey del contesto su cui intervenire procurato dallo stesso acquirente grazie agli smartphone o ai tablet.

Oggi, inoltre, le BIM Library, ancorché impostate su dati spesso scarsamente strutturati, svolgono una funzione di business intelligence grazie a data analytics inerenti in primo luogo ai progettisti che sono i soggetti le cui scelte si spera di influenzare precocemente.

Di là della tutela e della protezione dei dati personali, il repertorio informativo sarà, infatti, sempre teso a instaurare un rapporto diretto da parte del produttore che sia sempre più individualizzato e personalizzato.

Quale che sia la natura dei negozi, l’evoluzione dei digital marketplace B2B o B2C promette di proporre una offerta diretta da parte dell’integratore di sistema (fortemente o debolmente verticalizzante) fondata su una fluidità e continuità delle transazioni, supportate da protocolli di configurazione.

Le piattaforme digitali finalizzate alla produzione e alla transazione non potranno, dunque, immaginare di mettere a disposizione una perfetta esaustività e simmetria informativa che trascurino le profonde implicazioni che le transazioni portano in se medesime nelle diverse fasi.

In realtà, attraverso le tre V dei Big Data (Varietà, Velocità, Volume), l’obiettivo del produttore (o del distributore) si sposterà dalla detection alla prediction, cercando di condizionare le scelte, non solo di prevedere, le aspettative degli acquirenti.

Se il produttore fosse anche assemblatore, includendo anche la fase progettuale, la disintermediazione sarebbe ancora più evidente.
Ovviamente, le ricadute sul costruttore, con implicazioni differenti dall’installatore, saranno forse differenti.

Il caso di Amazon che sta iniziando a proporre, assieme a Plant Prefab, soluzioni residenziali Off Site di Helpful Home, come le definirebbe Google, illustra bene come, appunto, ciò che si sta iniziando a proporre al mercato sia proprio l’ecosistema digitale entro cui offrire esperienze e relazioni, per le quali sarà necessario garantire, negli spazi di vita e di lavoro, una privacy che limiti la pervasività dei capitalisti della sorveglianza che pure stanno, interoperabilmente, per creare un continuum tra sfera comportamentale e ambiente costruito.

Alla Domanda, pertanto, si sta offrendo un prodotto immobiliare, unitamente alle sue componenti, affatto inedito, che richiederà un riposizionamento di tutti gli attori.

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