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L’Università statale di Milano collabora al progetto che porterà la “schiuma” nell’edilizia del futuro

Il progetto ARCHIBIOFOAM, guidato dall’università finlandese di Aalto insieme alla sua società spin-off Woamy, all’Università degli Studi di Milano con il Centro per la complessità e i biosistemi e all’Università di Stoccarda, ha ricevuto dall’European Innovation Council (EIC) nell’ambito del bando europeo Pathfinder Challenges 2023 un finanziamento di 3,5 milioni di euro per sviluppare l’applicabilità nell’edilizia di un bio-materiale espanso portante capace di cambiare forma, come pure di reagire in base all’ambiente circostante. Nella visione a lungo termine dei progettisti c’è la costruzione di edifici ventilati passivamente senza usare il cemento o l’acciaio, ma qualcosa di più organico ovvero schiume bio derivate da cellulosa di legno estruso. Per iniziare, nei prossimi tre anni l’obiettivo del progetto sarà di “stampare” materiale costruttivo in questa bio-schiuma (bio-foam) per realizzare facciate esterne di edifici con aperture a oblò capaci di aprirsi e chiudersi in risposta all’ambiente.

ARCHIBIOFOAM è uno dei 43 progetti provenienti da 30 Paesi dell’Unione Europea, selezionati dall’EIC nell’ambito di un bando per progetti di ricerca all’avanguardia volti a raggiungere svolte in cinque aree strategiche e che riceveranno in totale un finanziamento dall’UE pari a 159 milioni di euro. Dei 3 milioni e mezzo di euro stanziati per il progetto sul bio-foam, più di 800mila euro sono destinati al team dell’Università degli Studi di Milano, mentre il resto è suddiviso tra le altre organizzazioni partner: l’Università Aalto, l’Università di Stoccarda e Woamy.

In questo progetto di tecnologia avanzata che punta a cambiare la concezione delle costruzioni verso l’idea di edifici che reagiscono naturalmente alle condizioni ambientali, espandendosi e contraendosi per controllare il flusso d’aria, l’Università degli Studi di Milano con il Centro per la complessità e i biosistemi rappresentati da Stefano Zapperi, professore di fisica della materia presso il dipartimento di Fisica “Aldo Pontremoli” ed esperto nella generazione automatica di modelli digitali 3D, giocherà un ruolo importante. Utilizzando un software proprietario, il suo team del Centro sarà in grado di specificare i parametri di progettazione da ottimizzare algoritmicamente, come la sensibilità al calore e all’umidità del bio-foam, in modo ottenere i migliori risultati.

Stiamo attualmente assistendo a una rivoluzione nel design strutturale grazie agli algoritmi che possono trovare la geometria più efficace per una funzione desiderata, come programmare i cambiamenti di forma sotto stimoli esterni”, commenta il professor Zapperi. “Durante il progetto ARCHIBIOFOAM, intendiamo espandere le capacità del nostro software e adattarlo alle caratteristiche fisiche del bio-foam e alle esigenze del settore edilizio. Prevedo una pipeline in cui l’architetto specifica solo i suoi requisiti in termini di forma, caratteristiche meccaniche e funzioni di risposta, e il computer fornisce un modello digitale 3D pronto per essere fabbricato su larga scala.”

Una delle principali motivazioni di ARCHIBIOFOAM è ridurre le emissioni del settore delle costruzioni, l’industria più inquinante al mondo con circa il 40% delle emissioni globali annuali. Mentre il patrimonio edilizio globale continua a invecchiare, anche la sua efficienza di riscaldamento e raffreddamento diventa obsoleta. Intervenire sull’infrastruttura edilizia esistente significherebbe però inevitabilmente rilasciare enormi quantità di emissioni nel breve termine. È necessaria una rivalutazione dell’intero ciclo di vita dei materiali per ridurre l’inquinamento. Se sviluppati e utilizzati, i bio-materiali espansi portanti (come il bio-foam) potrebbero sostituire i tipici materiali da costruzione non rinnovabili e ad alta intensità di risorse come cemento, acciaio e vetro. La bio-schiuma ha una resistenza paragonabile a questi materiali, anche se è composta per il 90% da aria, è biodegradabile e aderente ai principi dell’economia circolare.

La comunità scientifica – spiega il ricercatore Juha Koivisto, a capo del team di Aalto che coordinerà il progetto – sa da tempo che l’integrità strutturale di queste schiume bio è competitiva con altri materiali da costruzione, ma non è stata testata al massimo del suo potenziale. Non solo dimostreremo che la nostra tecnologia di schiuma a celle chiuse può essere utilizzata come materiale sostitutivo, ma dimostreremo anche la sua capacità unica di rispondere ai fattori ambientali come calore e umidità per consentire il riscaldamento e il raffreddamento passivi degli edifici, migliorando l’impronta di carbonio delle infrastrutture edilizie esistenti di vari ordini di grandezza.”

Il progetto include anche il team di ricercatori dell’Istituto per il Design e la Costruzione Computazionale dell’Università di Stoccarda, guidato dalla dottoressa Tiffany Cheng, esperta in robotica, che si occuperà di regolare l’enorme stampante 4D utilizzata per estrudere il materiale dalla schiuma umida.

La fabbricazione additiva robotica è particolarmente adatta per strutturare i materiali ad alta risoluzione, sbloccando così il potenziale di performance del bio-foam su larga scala,” afferma Cheng. “Adattando il sistema mono-materiale attraverso il nostro processo di produzione, miriamo a soddisfare i molteplici requisiti funzionali dei componenti edilizi, come la capacità di carico e il cambiamento di forma per la ventilazione adattiva.”

Questa stampa 4D consente di programmare oggetti stampati in modo che si trasformino autonomamente in risposta a stimoli ambientali. La progettazione digitale e la fabbricazione robotica delle schiume derivate dal legno offrono la possibilità di creare architetture adattive, riducendo drasticamente l’impronta di carbonio non solo nel processo di produzione dei materiali, ma anche durante tutto il ciclo di vita dell’edificio.

A chiudere, il partner industriale del progetto è Woamy, la società spin-off dell’Università di Aalto che ha basato la sua attività sulla tecnologia del bio materiale espanso con l’obiettivo di portare il bio-foam sul mercato.

In quanto derivata direttamente dall’Università di Aalto, Woamy è all’avanguardia nello sviluppo della tecnologia basata sul bio-foam. Le nostre radici profonde in questa innovazione sono vitali per dare vita al progetto ARCHIBIOFOAM. Attraverso questa collaborazione e sfruttando la nostra esperienza, miriamo a dimostrare come la schiuma bio di Woamy possa trasformare non solo l’industria degli imballaggi, ma anche quella delle costruzioni,” ha concluso Susanna Partanen, CEO di Woamy.

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