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Bim, verifica e validazione dei progetti

La verifica e la validazione dei progetti ha evidentemente “risentito” dell’avvento della digitalizzazione sia metodologicamente sia strumentalmente.

Nel primo caso, l’introduzione dei capitolati informativi, accanto ai documenti di indirizzo preliminare, ha, almeno in teoria, consentito di definire aprioristicamente alla Domanda Pubblica con precisione le strutture dei dati e delle informazioni che, in parte, sarebbero state successivamente proprie dei modelli informativi.

La presenza di questi ultimi dovrebbe, in termini di Code & Model Checking, rendere alcune attività di verifica e di controllo sui progetti, caratteristiche degli organismi ispettivi, più estese quantitativamente (per censimento) e maggiormente accurate (per computazionalità).

La stessa configurazione dei rapporti analitici inerenti ai conflitti, non solo geometrico-dimensionali, ma pure alfa-numerici, facilita il dialogo tra committente, organismi di progettazione e organismi di ispezione.

In altre parole, la digitalizzazione, inoltre, dovrebbe, ad esempio, coi LOD (Livelli di Sviluppo), o ancor meglio coi LOIN (Livelli di Fabbisogno Informativo), introdurre metriche sullo stato di avanzamento e di conformità più attendibili e più oggettive.

Poiché, tuttavia, sarebbe assai riduttivo ricondurre tutte le attività di verifica e di validazione all’accertamento di conformità esercitato, sia pure non più (solo) sui documenti, ma anche, e soprattutto, sulle entità informative (sugli «oggetti»), è bene svolgere alcune ulteriori riflessioni.

Per quanto attiene alla parte “negativa” della questione, è palese come il fatto che i livelli della progettazione, dal punto di vista giudico-legislativo, siano tuttora gestiti esclusivamente in termini documentali, può, senza dubbio, generare delle discrasie tra un approccio convenzionale, analogico, e un approccio innovativo, digitale.

Tale condizione, evidentemente, non potrà essere affrontata e risolta autonomamente dai responsabili unici dei procedimenti relativi ai contratti pubblici, cosicché, al momento, la modalità consigliabile consiste nell’introdurre, all’interno dei capitolati informativi, “elementi di conversione” che attenuino la discontinuità tra il piano formale e quello sostanziale.

Sul versante “positivo“, è possibile individuare due tratti distintivi. Il primo di essi concerne la natura dinamica della verifica che, in effetti, dovrebbe essere condotta in maniera concomitante all’evoluzione della progettazione.

In questo caso, un ruolo determinante è rivestito dall’ambiente di condivisione dei dati, nel quale, secondo diritti specifici di accesso, l’analisi tempestiva e in remoto dei dati prodotti, collegati esternamente ai modelli informativi, nonché la disamina degli stessi, consentirebbe in itinere di effettuare una azione di business intelligence relativa ai comportamenti degli organismi di progettazione incaricati, delle relazioni che intercorrono tra essi, degli esiti dei loro sforzi.

Se tutto ciò pertiene alla concezione delle opere, in termini di verifica dei progetti, si deve, però, considerare come, essendo la gestione delle informazioni supportata dalla modellazione informativa, quest’ultima sia finalizzata alla simulazione, anziché alla rappresentazione.
Il che, ad esempio, per quanto riguarda la fruizione delle opere progettate, renderebbe praticabili alcuni elementi ascrivibili alla validazione del progetto, addirittura tramite soluzioni immersive che valutino ex ante il parere degli utenti.

Si può, dunque, comprendere come la digitalizzazione, pur rafforzando, anche in accordo ai passaggi previsti dalle norme della serie UNI 11337, gli aspetti intrinseci della verifica e della validazione dei progetti, vale a dire quelli corrispondenti all’analisi dei contenuti della concezione degli interventi, in rapporto alle richieste originariamente formulate dalla committenza pubblica, trasli, in realtà, la focalizzazione sui processi e sui comportamenti, che, peraltro, molto spesso costituiscono le ragioni effettive delle non conformità e delle criticità che gli organismi effettivi, a partire dal coordinatore e dalla collaborazione tra gli organismi, ravvisano quali cause ultime.

Affinché tale mutazione abbia compimento definitivo è, tuttavia, necessario che la digitalizzazione raggiunga l’interezza degli organismi di progettazione coinvolti e che, allo stesso tempo, raggiunga integralmente le fasi del procedimento amministrativo: si pensi, ad esempio, alla conferenza di servizi e all’influenza che essa esercita sui contenuti della progettazione.

Occorre, dunque, formare una nuova generazione di esponenti tecnici e amministrativi nelle stazioni appaltanti e nelle amministrazioni concedenti, che possegga una autentica cultura digitale, legata a una dialogica computazionale, così come fare sì che gli organismi di progettazione, interni o esterni all’Amministrazione Pubblica, sappiano, per primi, esercitare una attività di cooperazione e di (auto)valutazione del proprio operato.

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