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Le norme della serie UNI EN ISO 19650 e le stazioni appaltanti

Le norme UNI EN ISO 19650 -1 e -2, in attesa delle -3 e -5, rappresentano un riferimento processuale imprescindibile per le stazioni appaltanti e per le amministrazioni concedenti in Italia e altrove, dato che esse cercano di stabilire modalità uniformi e omogenee sui mercati internazionali per gestire i flussi informativi entro le commesse.

Alla loro stesura ha contribuito anche lo scrivente, quale delegato dell’UNI.

Esse, peraltro, sono state ufficialmente approvate in una sessione di lavoro che si è tenuta nel 2018 presso l’Università degli Studi di Brescia.

A seguito della loro pubblicazione a breve saranno emanate una norma EN in forma diTechnical Guidance e la norma UNI 11337-8.Queste norme sono frutto di un lungo lavoro di rivisitazione della norma britannica BS 1192 e della pre-norma britannica BS PAS 1192-2, che ha condotto a un testo necessariamente non privo di compromessi, ma non privo di una sua logica rigorosa che avrà anche un impatto sulla riedizione di alcune parti della serie normativa nazionale UNI 11337.

Le criticità che possono imputarsi allo sforzo normativo consistono, ad avviso di chi scrive, nella esplicitazione solo accennata delle relazioni che intercorrono tra l’Information Management, di cui dichiaratamente l’Information Modeling è una sottospecie, il Quality Management e il Property Management.

In particolare, inoltre, ciò che sembra parzialmente irrisolto è il nesso che intercorre tra Information Management e Project Management, nesso fondamentale per alcuni tratti meglio esplicitato, in misura maggiore, dalla Technical Guidance del CEN e, in misura minore, da un Booklet dell’EFCA.

Altro risvolto da chiarire ulteriormente è quello delle fasi temporali che, in realtà, sono iterative, anziché univoche, almeno per quanto riguarda le attività di affidamento e di esecuzione della progettazione e della realizzazione.

Le norme, in effetti, sono tendenzialmente rivolte al Management of the Project, sia pure nell’ottica dell’Operations & Maintenance, trascurando un contesto Multi Project(Programme o Portfolio che sia) e, soprattutto, Organization-Wide.

A questo proposito, l’atto organizzativo contemplato nel DM 570/2017 o le cosiddette linee guida proprietarie, sono pressoché ignorate.

In ogni caso, il significato principale che la serie normativa mette in evidenza è che la relazione tra soggetto proponente (nella fattispecie, la stazione appaltante o l’amministrazione concedente) e soggetto incaricato principale (l’affidatario, l’appaltatore o il concessionario) posto a capo della propria catena di fornitura si basa su uno scambio costante di dati strutturati o meno (la differenza non è, tuttavia, di poco conto).

I due elementi di maggiore pregio delle due norme citate consistono: nella definizione di un ambiente di condivisione dei dati entro cui tutti i contenitori informativi dovrebbero essere collocati; nell’articolazione del processo che conduce alla esplicitazione del capitolato informativo.

Per quanto attiene all’ambiente di condivisione dei dati, esso permane essenzialmente legato al documento, sia pure digitalizzato, mentre la gestione effettiva dei dati in quanto tali resta parziale, tanto più che i dati numerici strutturati non sono certo esclusivamente quelli legati alla modellazione informativa.

Più importante appare il fatto che questo ambiente di condivisione (in parte) dei dati debba, comunque, essere caratterizzato da un amministratore di flussi di lavoro, vale a dire delle procedure gestionali di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici.

Sull’ambiente di condivisione dei dati riferimenti pre-normativi più precisi sono dati dalle DIN SPEC 91391, in attesa della norma EN in merito che dalle pre-norme tedesche discenderà.

L’iter complesso che connota la determinazione dei requisiti informativi risulta essere, probabilmente, il contenuto più originale delle norme e, al contempo, quello meno conosciuto.

La sequenza della formulazione dei requisiti informativi, da intendersi, appunto, quale processo e non solo come documento (del manierismo formalista dei capitolati informativi predisposti dalle amministrazioni pubbliche vi è abbondante traccia), diparte da un contesto ampio di analisi delle strategie organizzative funzionali a precisare la natura delle attività che il cespite commissionando (o l’intervento sulla pre-esistenza) dovrà «ospitare» (passivamente o attivamente), passando per il tramite della definizione della struttura informativa che, prima che inizi la ideazione dell’intervento, connoti la gestione e l’esercizio del cespite immobiliare e infrastrutturale, per giungere alle linee essenziali della gestione del procedimento e, infine, al capitolato informativo vero e proprio, unico elemento/documento che probabilmente rientri nella fase a evidenza pubblica.

La complessità del processo istruttorio dimostra, però, che informazione e decisione non sono scindibili, cosicché documento di indirizzo preliminare e capitolato informativo non potrebbero essere considerati separatamente.

D’altro canto, una così elaborata trafila di precisazione dei requisiti informativi impone di non poter distinguere più di tanto tra contenitori informativi e contenuti decisionali.

Il messaggio principale che le norme della serie UNI EN ISO 19650 rimandano agli operatori, in ispecie a quelli della committenza pubblica, consiste nella necessità di esercitare una specifica progettualità istruttoria che, contemporaneamente, miri a determinare computazionalmente i contenuti attesi dalla progettazione e dalla realizzazione dell’intervento nonché a orientarli verso la gestione del ciclo di vita utile di servizio del cespite commissionato.

Paradossalmente, la produzione dei contenuti informativi da parte del soggetto incaricato principale e dei suoi sub-incaricati dovrà avvenire attraverso un piano di gestione informativa del tutto speculare alla struttura dei requisiti informativi esplicitati dal soggetto proponente.

I documenti normativi descrivono minutamente l’esigenza di stabilire, da parte della committenza, livelli di fabbisogno informativo, loro modalità di indirizzo, modi di produzione e di consegna dei contenuti informativi lungo le articolazioni della catena di fornitura.

Tutto questo comporta la presenza di un responsabile unico del procedimento dotato di competenza in materia di Project Management, che disponga di una struttura di supporto capace pure di detenere conoscenze e di abilità per l’Information Management.

Le norme UNI EN ISO 19650 propongono, dunque, pur con alcuni limiti, una costruzione formale non banale che implica scambi informativi definiti e tracciabili entro cui dovrebbe avverarsi una stretta collaborazione tra gli attori, a prescindere dal fatto che essi intervengano sequenzialmente, come negli affidamenti di sola progettazione o negli appalti di sola esecuzione, oppure unitariamente, come nelle concessioni.

Di fatto, si potrebbe chiedersi quanto la sequenza articolata di passaggi che le norme descrivono sia comprensibile a una qualsiasi amministrazione pubblica abituata a gestire in maniera analogica documenti tratti da strumenti digitali meno in grado di strutturare i dati da essi prodotti.

Se, infatti, può essere comprensibile la natura di determinati strumenti, magari proprio quelli meno propri alla funzioni di committenza, l’instaurare un processo sistematico di richiesta, di scambio e di verifica appare assai ostico.

Se, infatti, come ricordato all’inizio, la serie normativa UNI EN ISO 19650 è stata, a livello internazionale, unanimemente salutata con favore poiché permetteva una normalizzazione della gestione dei processi digitalizzati, giusto l’essere questi ultimi, e non gli strumenti, gli elementi principali, risulta inevitabilmente poco semplice da capire per i digiuni della materia, vale a dire la maggior parte dei committenti pubblici.

È, tuttavia, il ruolo propositivo, legato a meta-progettazione e sorveglianza, che richiede alle amministrazioni pubbliche uno sforzo supplementare, oltre a tutto, da intraprendere con logiche inedite.

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