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Città più smart con la blockchain: prospettive e criticità

La blockchain è una tecnologia che ha tutte le caratteristiche per poter rivoluzionare la governance delle città intelligenti. Non prima però di veder risolte alcune criticità.

Lo sviluppo delle tecnologie digitali applicato a piccoli o grandi centri urbani fa di una cittadina o metropoli una smart city.  In particolare, in epoca post pandemia è ancora più forte l’esigenza di una gestione sempre più efficiente dei centri urbani. Oggi il potenziale per organizzare al meglio le città intelligenti è solo agli inizi.

Le nuove tecnologie permettono di ottimizzare numerosi servizi: l’efficienza energetica, la mobilità, la sostenibilità ambientale e la comunicazione fra cittadini e pubblica amministrazione. L’obbiettivo è rendere più semplice e funzionale la quotidianità nei centri urbani e migliorare la qualità della vita di chi vi abita.

In pratica, qualunque smart city è una grande piattaforma digitale che riunisce e coordina tutte le tecnologie più innovative – in primis intelligenza artificiale e IoT – e che utilizza due strumenti fondamentali: il cloud e la blockchain.

La blockchain è una tecnologia nata negli anni Novanta e applicata nei primi anni 2000, che ha trovato popolarità grazie alla sua recente applicazione nel mondo delle criptovalute, in particolare del Bitcoin.

Nota anche come “catena di blocchi”, se applicata alle smart city consente di collegare in modo capillare tutti i servizi che una città può offrire e contemporaneamente di aumentare la trasparenza e la sicurezza di ogni attività svolta in rete.

Attraverso l’utilizzo di questa tecnologia, infatti, gli utenti possono scambiare dati e informazioni, possono effettuare transazioni con un grado elevato di affidabilità pur senza un controllo centralizzato: la blockchain è un data base virtuale, un registro digitale “distribuito” fra i vari partecipanti della piattaforma e non custodito da un unico soggetto fiduciario.

Quindi, l’autorità centrale – notai, banche, istituzioni – viene sostituita da un meccanismo distribuito dove qualunque modifica effettuata al registro per essere considerata valida deve avere l’autorizzazione della maggioranza degli utilizzatori.

Caratteristica di questo registro è una catena di blocchi, o nodi, disposti in una struttura a catena. Se il blocco risulta valido, viene considerano parte della blockchain. Questo registro digitale, condiviso e distribuito è immutabile, perché ogni blocco della catena contiene il codice univoco della precedente e non è possibile modificare il singolo nodo senza cambiare l’intera catena.

Ecco perché la blockchain non ha bisogno di alcuna autorità esterna o interna per garantire l’integrità e l’autenticità dei dati: è il sistema stesso che è garante, perché non è possibile per nessuno alterare le informazioni nella catena. Le diverse transazioni che si susseguono hanno un preciso ordine temporale, peculiarità che assicura sempre la tracciabilità di qualunque attività svolta sulla catena.

Tutto quello la blockchain può fare per la città

Spesso associata alle transazioni con le criptovalute, questa tecnologia in realtà ha campi di applicazione molti più ampi e lo sviluppo delle smart city è destinato a valorizzarne le potenzialità in svariati ambiti. Un sistema, quindi, che ha tutte le caratteristiche per poter trasformare radicalmente la gestione delle comunità intelligenti.

A prescindere, quindi, dal settore della finanza – dove questa tecnologia ha visto una rapida e ampia diffusione, la blockchain può essere un metodo estremamente efficiente nel campo agroalimentare perché offre alle aziende la possibilità di tracciare i propri prodotti lungo l’intera filiera, un vantaggio che può essere esteso un domani anche ai consumatori.

Lo stesso si può dire per il settore della logistica e della movimentazione delle merci. Il meccanismo della blockchain garantisce il rispetto e la correttezza dei contratti in tutti i campi, i cosiddetti smart contract, e può proporsi come approccio innovativo nelle pratiche di certificazione. Inoltre, è in grado di definire un quadro di trasparenza e legalità che consente, per esempio, di ridurre la corruzione o di rilevare l’evasione fiscale, così come tracciare i pagamenti illeciti, agevolare le politiche antiriciclaggio e individuare l’appropriazione indebita dei beni.

Il sistema della blockchain potrebbe anche essere utile per assegnare un’identità digitale a ciascun cittadino, in modo che possa accedere velocemente a un sistema interconnesso e sicuro anche nella gestione di attività burocratiche, fiscali, professionali o bancarie.

La blockchain ha un alto potenziale nella governance municipale, proprio perché in grado di trasmettere informazioni in modi sicuro, senza intermediari. Nell’erogazione dei servizi pubblici rappresenta una risorsa importante, oggi in fase embrionale, ma con interessanti possibili sviluppi all’orizzonte.

Basti pensare ai servizi fondamentali al cittadino: dall’emissione dei documenti di identità, alla sanità pubblica, alle consultazioni che referendum, sondaggi, elezioni, dove l’uso di questa tecnologia garantisce affidabilità e anonimato. In sostanza, questo strumento può fungere da piattaforma interoperabile per i residenti delle città intelligenti e dar loro maggior voce in capitolo nelle decisioni che riguardano le loro comunità.

Esempi di innovazione

La prima smart city basata sulla blockchain è nata a Tokyo, a maggio 2018, nel distretto di Daimaruyu. Un’area di 120 ettari di proprietà della Mitsubishi è stata bonificata e trasformata in una città intelligente, grazie a una combinazione di Blockchain e Internet of Things. Sono stati realizzati 106 grattacieli, 4.300 uffici, 40 mila ristoranti, 90 mila negozi, 13 stazioni ferroviarie e metropolitane e 16 delle più grandi aziende del Paese hanno scelto di trasferire qui loro sede principale.

L’infrastruttura tecnologica, in questo ampio numero di edifici e trasporti, permette di condividere le informazioni di tipo economico che arrivano dai palazzi di proprietà di Mitsubishi, dai sensori IoT dei bus, dai negozi in merito alla disponibilità dei prodotti, dai ristoranti sui tavoli liberi o dagli hotel sul numero delle camere disponibili. Tutto è connesso. Si possono vedere in tempo reale gli andamenti degli affitti e dei prezzi delle case.

In Svezia, una startup chiamata Croma Way rende efficiente il trasferimento di proprietà nel settore immobiliare, caratterizzato tipicamente da tempi lunghi, rischi elevati e molti limiti burocratici. Attraverso un sistema blockchain il passaggio di proprietà avviene in modo trasparente, sicuro e immediato, rendendo più fluido il mercato immobiliare e facilitando l’erogazione di mutui. Il sistema riduce i costi di transazione da settimane a pochi minuti, poiché il trasferimento avviene dopo l’approvazione delle parti che partecipano allo smart contract sul computer.

Un altro esperimento interessante è in corso in Svizzera, dove è stato messo a punto un servizio di identità digitale basato su blockchain, per l’autenticazione nei servizi governativi digitali e la condivisione dei dati con terze parti.

I principali benefici sono la riduzione dei costi operativi data e dei controlli necessari per accedere ai vari servizi, un minor dispendio di tempo per i cittadini e una potenziale maggiore efficienza per le imprese se accettano questo sistema di autenticazione unico.

Luci e ombre della blockchain

Se tanti sono gli innegabili vantaggi di questa tecnologia, non mancano però alcuni aspetti critici non facili, almeno per il momento, da superare.

In ambito finanziario, per esempio, il costo di questo sistema, in termini economici e ambientali, è ancora difficilmente sostenibile su larga scala. Il processo del mining (verifica di ogni singola transizione) delle criptovalute, richiede una potenza di calcolo complessa e un elevato fabbisogno energetico.

Non finisce qui, perché il vero tasto dolente della Blockchain è la sua incompatibilità con alcuni principi fondamentali del Regolamento generale europeo sulla protezione dei dati (Gdpr).

Nel registro distribuito, infatti, i singoli dati introdotti sono immodificabili a meno che non vengano coinvolti tutti i blocchi della catena, andando a modificare ogni nodo a ritroso seguendo la gerarchia, operazione estremamente complessa oltre che costosa. Indubbiamente, questa caratteristica si scontra con quanto afferma il decreto e cioè che qualunque utente, su qualsiasi rete o piattaforma, può richiedere la modifica dei propri dati.

L’altro punto controverso riguarda il fatto che nella blockchain i dati vengono conservati per sempre, caratteristica che garantisce stabilità al sistema ma che si scontra con il diritto del singolo utente all’oblio, cioè alla cancellazione dei dati personali che il Decreto sulla Privacy, invece, garantisce.

Nell’articolo 5 del Gdpr, infatti, si fa riferimento alla limitazione nella conservazione dei dati, principio che non si concilia certamente con il processo della catena di blocchi.

L’Università Queen Mary di Londra ha però portato avanti uno studio dove si afferma che una blockchain maggiormente conforme alle regole sulla Privacy potrebbe essere ipotizzabile.

In che modo? Mediante la crittografia dei dati personali e la successiva eliminazione delle corrispettive chiavi de-crittografiche: in questo modo, resterebbero nella catena solo dati indecifrabili.

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