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Smart building: edifici più ecologici ma non ancora intelligenti

Grazie ai superbonus cresce l’efficientamento energetico del patrimonio immobiliare italiano, ma per raggiunger i parametri d’innovazione degli smart building gli incentivi fiscali non sono sufficienti.

Con la Legge di Bilancio 2022 sono stati prorogati i termini per poter usufruire di detrazioni fiscali importanti in caso di lavori di riqualificazione ed efficientamento energetico del patrimonio immobiliare italiano.

Tra i vari strumenti messi a disposizione dal Governo per ammodernare gli edifici e renderli meno impattanti dal punto di vista ambientale, due restano fondamentali: l’Econobonus che è stato protratto fino alla fine del 2024 e il Superbonus 110%, riconfermato, ma con scadenze che presentano percentuali di detrazioni diversificate.

In pratica, l’incentivo al 110% riguarderà solo gli interventi con spese sostenute entro la fine del 2023, poi verrà ridimensionato: sarà del 70% fino al 31 dicembre 2024 e del 65% per le spese effettuate entro la fine del 2015.

Prerogativa del Superbonus, la presenza obbligatoria di interventi trainanti (come la sostituzione delle caldaie di vecchia generazione con pompe di calore o i lavori di isolamento con i cappotti termici) per poter eseguire altri interventi migliorativi di efficientamento energetico – trainati appunto – che possono riguardare anche l’istallazione di sistemi di building automation, sistemi che consentono il controllo da remoto degli impianti di riscaldamento, raffrescamento e per la produzione di acqua calda sanitaria.

Numeri dei bonus fiscali per la sostenibilità ambientale

Il Superbonus è stato affiancato nel maggio 2020 – con il Decreto Rilancio – all’Ecobonus per cercare di contrastare la frenata di investimenti in tecnologie green nel lungo periodo della pandemia e favorire interventi di riqualificazione energetica nel settore residenziale, coinvolgendo condomini, case unifamiliari e unità abitative funzionalmente indipendenti.

Con quali risultati fino a oggi?

Alcuni dati arrivano dall’Ufficio Studi Gabetti che, in collaborazione con Gabetti Lab – franchising di amministrazione condominiale con una Rete nazionale di oltre 20.000 condomini gestiti – ha recentemente pubblicato un’indagine sull’impatto del Superbonus 110 in Italia con l’obiettivo di quantificare, su un campione di 671 condomini (con 7.322 unità abitative), l’effettivo risparmio energetico e il relativo vantaggio economico per le famiglie.

Dopo circa venti mesi dall’entrata in vigore della detrazione fiscale nella misura del 110% introdotta nel 2020 – riporta lo studio – è così possibile stilare un bilancio del numero di progetti asseverati e del relativo investimento generato.

Secondo i dati pubblicati da Enea, dall’entrata in vigore del Superbonus 110%, da maggio 2020 a gennaio 2021, il numero di asseverazioni depositate ha raggiunto le 107 mila unità, con un ritmo di crescita di circa 5.000 progetti al mese. Un numero che nel suo complesso ha permesso un investimento complessivo pari a più di 18 miliardi di euro, di cui il 69,5 per cento ha già concluso i lavori ammessi a detrazione.

Nel corso del secondo semestre del 2021, l’interesse verso il Superbonus 110 di operatori del settore e beneficiari è cresciuto esponenzialmente. Infatti – sempre secondo Enea – da agosto 2021 a gennaio 2021, il numero dei progetti asseverati e dei relativi investimenti è quasi triplicato.

L’indagine di Gabetti

Tra le regioni con più progetti asseverati emergono la Lombardia con 16.268 e il Veneto con 13.933, mentre tra quelle con meno progetti asseverati la Valle d’Aosta e il Molise, anche in ragione del basso numero di abitanti che caratterizza queste due regioni.

Nell’indagine di Gabetti, all’interno del campione di 671 condomini, un secondo gruppo di 181 è stato analizzato al fine di estrarre delle statistiche relative alla media del risparmio energetico e della riduzione di CO2 per unità abitativa e alla media di abbattimento della trasmittanza termica per i diversi componenti dell’involucro edilizio (pareti, coperture, pavimenti, serramenti) e di riduzione del consumo di gas.

L’abbattimento del fabbisogno energetico medio stimato è del 53%, mentre la percentuale di risparmio energetico del 46%. Un altro risultato interessante è la riduzione del consumo di gas con un abbattimento stimato post operam intorno al 40%, gas utilizzato sia per riscaldare l’abitazione, sia per la produzione di acqua calda.

A migliorare è anche il rendimento medio stagionale del rapporto tra calore fornito dalla caldaia ed energia consumata. Dall’analisi dei dati si nota che, dall’80% ante-operam, gli interventi di ristrutturazione energetica consentono un aumento del rendimento che raggiunge il 94%.

Riduzioni che hanno un impatto notevole sia in termini di risparmio economico in bolletta e nei costi condominiali, sia in termini di incremento del valore di mercato dell’immobile. Infine, un terzo dato che lo studio ha riportato riguarda il risparmio di emissioni di CO2 che, per i 181 condomini analizzati, è stimato intorno al 51%.

Certamente, quelli ripostati dall’indagine di Gabetti sono ottimi risultati sul piano dell’efficientamento energetico, ma la vera domanda è: quanto è possibile oggi rendere davvero smart un edificio esistente, grazie agli incentivi fiscali?

La strada verso la smartness è ancora lunga

Non c’è dubbio che Ecobonus e Superbonus stiano dando una forte spinta alla riqualificazione di una parte significativa del patrimonio immobiliare nazionale. Tuttavia, secondo diversi addetti ai lavori in vari campi è necessario che queste misure si accompagnino allo sviluppo di una più convinta cultura dell’innovazione.

Man using smartphone frameless mockup blank screen in home interior

Perché un edificio tradizionale diventi realmente “intelligente” bisogna fare molto di più e cioè renderlo pienamente autonomo e indipendente nel controllo e gestione di tutti gli impianti che lo compongono.

Alberto Falca, consulente tecnico commerciale per il Piemonte e la Valle d’Aosta della società Airzone, specializzata in soluzioni per la climatizzazione intelligente, spiega: “In Italia il cosiddetto ‘Deep Retrofit’, la ristrutturazione profonda in grado di elevare sensibilmente le sue prestazioni energetiche, non è un’opportunità ancora pienamente presa in considerazione da parte dell’utenza.

Spesso in questi interventi sostenuti dai bonus ci si ferma all’esecuzione delle macro-opere: si cambia il generatore di calore e si migliora l’isolamento esterno dello stabile e se questo basta ad acquisire le famose due classi in più, non si va oltre. Il vero salto di qualità, però è possibile con l’installazione di termoregolatori che sono il vero ‘cervello’ dell’edificio. È la tecnologia che fa la vera differenza e rende intelligente il sistema”.

Building automation per il salto di qualità

Il salto di qualità ha un nome preciso, building automation e consiste nella possibilità di integrare la tecnologia digitale all’interno degli impianti: sia la termoregolazione che l’illuminazione sono sistemi che possono essere controllati in modalità smart anche da remoto.

I vantaggi di collegare un impianto di riscaldamento o raffrescamento a una struttura di building automation sono diversi: innanzitutto, un maggior risparmio energetico, quindi anche la riduzione di sprechi e di emissioni nocive. Inoltre, un migliore livello di comfort, grazie alla possibilità di tenere sotto controllo diverse zone della casa, regolando la temperatura in maniera differenziata e, infine, la comodità di poter gestire tutto da remoto, via Internet o tramite app.

Nonostante il successo di Ecobonus e Superbonus, nel nostro Paese gli smart building stentano a decollare.

Una lacuna sottolineata anche nell’ultima edizione dello Smart Building Report del 2021, a cura dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano.

Lo dimostra il fatto che gli investimenti del 2020 nelle principali tecnologie connesse all’edilizia intelligente sono calati dell’11 per cento rispetto al 2019.

Infatti – evidenzia il Report – In Italia nel 2020 gli investimenti nell’edilizia intelligente, considerando i settori residenziale e terziario, si sono fermati a 7,67 miliardi di euro, mentre l’anno precedente avevano superato gli 8 miliardi.

Il Report fotografa ogni anno lo stato dell’arte degli edifici intelligenti nel nostro Paese e presenta le stime dei volumi di affari associate a questo mercato, offrendo una panoramica dei servizi che gli smart building devono offrire e la loro evoluzione nel tempo.

Smart building, manca la consapevolezza

Sempre nel 2020 – secondo i dati riportati dallo studio – degli interventi effettuati con i bonus solo il 25 per cento rientra nella categoria “smart”, ha cioè le caratteristiche per poter dotare un edificio di autonomia di gestione attraverso la digitalizzazione, per consentire cioè tramite la sensoristica installata di gestire al meglio l’uso dell’energia e di monitorare le prestazioni dell’impianto, così da poter intervenire in caso di malfunzionamento, prima che il guasto si verifichi.

Emerge quindi la necessità di incentivare ulteriormente l’elemento smart della riqualificazione energetica.

La mancanza di provvedimenti diretti e la scarsa consapevolezza dei benefici associati alla digitalizzazione degli edifici non consentono attualmente di imprimere una svolta a questo tipo di investimenti. I finanziamenti ci sono, quello che manca è una maggiore consapevolezza sui vantaggi concreti degli edifici connessi.

Federico Frattini, Vicedirettore dell’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano, in occasione della presentazione dello Smart Building Report, nel novembre 2021, aveva dichiarato: “La Commissione Europea ha tracciato un percorso molto chiaro che deve condurre alla completa decarbonizzazione di tutti i settori, compreso quello degli edifici.

Questi obiettivi europei di edifici a zero emissioni potranno essere raggiunti solo attraverso ingenti investimenti che portino a ridurre i consumi, aumentare la penetrazione delle fonti rinnovabili e installare infrastrutture digitali per gestire correttamente i carichi termici ed elettrici. Per quanto riguarda l’Italia, gli stanziamenti previsti dal Pnrr sono certamente un buon inizio, ma purtroppo non bastano”.

Allo stato attuale, come è possibile quantificare il “quoziente intellettivo” degli edifici italiani?

Maturità tecnologica degli smart building

Un capitolo del Report è interamente dedicato alla valutazione della maturità tecnologica degli smart building di casa nostra. Nello studio del Politecnico di Milano sono stati elaborati tre archetipi di edifici, relativamente a due precisi parametri: il numero di device e solution connessi alla piattaforma di gestione e il livello di integrazione tra i vari servizi.

In pratica, nel primo archetipo rientrano gli stabili caratterizzati da un basso numero di dispositivi digitali che vengono gestiti da piattaforme diverse. Nel secondo, sono raggruppati gli edifici con un alto numero di device, sempre controllati però da varie piattaforme e, infine, nel terzo archetipo sono rappresentati gli smart building con un elevato numero di device gestiti, questa volta, da una piattaforma unica.

In ambito residenziale, risulta quindi che l’archetipo 1 – il meno innovativo – è di gran lunga il più diffuso e rappresenta l’85 per cento del totale, mentre l’archetipo 2 si assesta al 13 per cento. Il terzo archetipo – quello che riguarda gli edifici in assoluto più smart – si ferma al due per cento.

Più omogenea è invece la situazione nel settore terziario, dove l’archetipo 1 continua a essere il più diffuso ma con numeri più contenuti (55 per cento). Molto interessante, invece, la forte crescita dell’archetipo 3 (25 cento) che arriva a superare l’archetipo 2 (20 per cento).

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