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Il rapporto fra il Bim e gli appalti pubblici

Caposaldo normativo e potenziale punto di svolta per la diffusione della metodologia Bim, il  Decreto Ministeriale n. 560 dell’1 dicembre 2017, indirizzato alle stazioni appaltanti, amministrazioni aggiudicatrici e soggetti di cui all’art. 3, comma 1, lettera o) del Codice dei contratti pubblici, è composto da nove articoli ed è integrato da una relazione di accompagnamento, e nella struttura generale può essere considerato un iniziale atto  di indirizzo e obbligatorietà alle stazioni appaltanti e alle amministrazioni concedenti coinvolte nella progressiva digitalizzazione dei contenuti informativi principalmente degli appalti.

Il Decreto Ministeriale n. 560/2017 pone precisi obblighi in carico alle stazioni appaltanti in materia di Bim

Il decreto ha innanzitutto introdotto una serie di definizioni, finalizzate alla creazione di un linguaggio comune indispensabile alla luce dell’innovatività della materia. Particolarmente significativo, in questa ottica, è l’accento posto sull’ambiente di condivisione dei dati, definito quale ambiente digitale di raccolta organizzata e condivisione di dati relativi ad un’opera a cui la stazione appaltante accede e in cui condivide e conserva nel tempo i contenuti informativi relativi al patrimonio immobiliare o infrastrutturale di propria competenza, definendone al contempo le responsabilità di elaborazione e di tutela della proprietà intellettuale.

L’ambiente di condivisione dei dati viene pure richiamato all’art. 4, comma 2, attribuendo ad esso il ruolo di ambiente in cui avvengono i flussi informativi relativi ai procedimenti della stazione appaltante. Da tali indirizzi discenderebbe quindi la previsione che le stazioni appaltanti acquisiscano un proprio ambiente di condivisione dei dati rendendolo disponibile di volta in volta ai diversi operatori coinvolti sulle diverse procedure.

Dal 1 gennaio di quest’anno il Bim è obbligatorio per le gare di importo superiore ai 100 milioni di euro

Di altrettanto rilievo è l’estensione della definizione di lavori complessi rispetto a quanto previsto all’art. 3, comma 1, del D.Lgs. n.50/2016, in particolare riferendo all’uso del Bim tutti quei lavori per i quali si richieda un elevato livello di “conoscenza” finalizzata principalmente a mitigare il rischio di allungamento dei tempi contrattuali e/o il superamento dei costi previsti, oltre che alla tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori coinvolti, obiettivi primari per un committente pubblico, e facendo rientrare tra i lavori complessi anche quelli determinati da esigenze particolarmente accentuate di coordinamento e di collaborazione tra discipline eterogenee, la cui integrazione in termini collaborativi è ritenuta fondamentale.

Il piano di gestione informativa è invece il documento – articolato su due livelli, di offerta e di contratto – redatto dal candidato o dall’appaltatore ovvero dal concessionario che, in risposta ai requisiti informativi del capitolato, struttura temporalmente e sistemicamente i flussi informativi nella catena di fornitura dell’appaltatore o del concessionario, ne illustra le interazioni con i processi informativi e decisionali di quest’ultimo all’interno dell’ambiente di condivisione dei dati, descrive la configurazione organizzativa e strumentale degli operatori, precisa le responsabilità degli attori coinvolti.

Il Bim può portare maggiore trasparenza ed efficienza nella gestione delle opere pubbliche

Gli obblighi per le stazioni appaltanti

Centrali nel quadro normativo tracciato dal Decreto sono gli obblighi posti a carico di stazioni appaltanti e amministrazioni concedenti al fine di poter richiedere nelle proprie procedure di gara l’utilizzo di metodi e strumenti di modellazione.

Il Decreto, in particolare, fa riferimento a formazione, strumentazione ed organizzazione come adempimenti che le stazioni appaltanti e le amministrazioni concedenti devono soddisfare al fine di poter richiedere nelle proprie procedure di gara l’utilizzo di metodi e strumenti di modellazione.

L’articolo 3 del Decreto Ministeriale 560 è anche orientato a supportare le stazioni appaltanti verso un’implementazione BIM matura e consapevole, e sottolinea come la formazione e gli strumenti di cui si devono dotare le stazioni appaltanti devono essere coerenti con le attività proprie della organizzazione e quindi orientate, alla capacità di strutturare i requisiti informativi di un capitolato, di disporre, definire e gestire un ambiente di condivisione dei dati, alla competenza nel verificare i contenuti informativi dei modelli ed il loro eventuale coordinamento con gli altri veicoli informativi.

Nello specifico, per quanto riguarda la formazione la stazione appaltante deve definire un programma formativo del personale di appartenenza alla committenza pubblica, la cui destinazione ai compiti inerenti non preclude evidentemente la possibilità di ricorrere a servizi esterni di supporto; in termini di strumentazione, la stazione appaltante predispone un piano di acquisizione inerente agli strumenti di modellazione e di gestione informativa; per quanto riguarda l’organizzazione, la stazione appaltante determina un disposto amministrativo che le permetta di interiorizzare i processi digitalizzati all’interno delle strutture e delle pratiche organizzative correnti; quanto all’interoperabilità, la stazione appaltante è tenuta ad utilizzare piattaforme interoperabili a mezzo di formati aperti non proprietari ed i dati presenti nel processo devono risultare connessi a modelli multidimensionali orientati a oggetti secondo le modalità indicate nei requisiti informativi del capitolato.

I flussi informativi avvengono nell’ambiente di condivisione dei dati correlandoli al processo decisionale della procedura. In merito è possibile considerare come tale requisito sia ancor più imprescindibile soprattutto nella fase di gara al fine di equiparare la disponibilità dei contenuti in informativi dei modelli per tutti i concorrenti indipendentemente dai software utilizzati. La previsione del legislatore, pur se orientata al formato aperto del modello informativo (tipicamente individuabile nel formato IFC), non deve far passare in secondo piano la disponibilità interoperabile anche dei contenuti non grafici correlati alla procedura e di tipo grafico bidimensionale, documentale, tabellare, multimediale ecc. In questa fase di progressivo perfezionamento dei formati aperti sarebbe pure auspicabile l’attenzione della parte committente di richiedere anche la consegna nei formati proprietari di riferimento.

Il Bim contribuisce all’incremento della qualità delle opere pubbliche

I tempi di adozione

Per quanto riguarda i tempi di introduzione del Building Information Modeling negli appalti pubblici il Decreto ha adottato all’art. 6 un principio di progressività, imperniato su grado di complessità dell’opera e importo di riferimento. Cinque le tappe previste: dal 1° gennaio 2019 l’obbligo coinvolge i lavori complessi relativi a opere di importo a base di gara pari o superiore a 100 milioni di euro; dal 1° gennaio 2020 l’ obbligatorietà viene estesa ai lavori complessi relativi a opere di importo a base di gara pari o superiore a 50 milioni di euro; dal 1° gennaio 2021, ai lavori complessi relativi a opere di importo a base di gara pari o superiore a 15 milioni di euro; dal 1° gennaio 2022, alle opere di importo a base di gara pari o superiore alla soglia di cui all’art. 35 del Codice dei contratti pubblici; dal 1° gennaio 2023, alle opere di importo a base di gara pari o superiore a 1 milione di euro; dal 1° gennaio 2025, per finire, alle nuove opere di importo a base di gara inferiore a 1 milione di euro.

Con il contributo di Assobim

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